venerdì 26 ottobre 2018

Ricetta: Spezzatino di manzo al vino rosso







Preparazione
Far rosolare a fuoco medio basso in 4 cucchiai d'olio extravergine di oliva su una pentola 
una cipolla rossa tagliata a tocchetti.
Dopo qualche minuto nella  stessa pentola rosolate la carne di manzo per lo spezzatino.

 Perderà forse un po’ di acqua, far asciugare e dorare tutte le parti per qualche minuto.
Aggiungere un bicchiere di vino rosso Blau Burgunder.
Far evaporare l’alcool e aggiungere la passata di pomodoro o i pelati fino a coprire la carne.
Salare.
Abbassare il fuoco e far andare lo spezzatino al vino rosso lentamente con il coperchio appoggiato, che fa 
appena uscire un po’ di vapore acqueo, mescolare di tanto in tanto.
Proseguire la cottura per circa 40 minuti o più (dipende dall’acqua contenuta nella passata e dalla qualità 
della carne che usate, nonché dalla grandezza dei pezzi).
Assaggiare per vedere se lo spezzatino al sugo con pomodoro ha la giusta consistenza e morbidezza e per 
valutarne la sapidità.
Servire con il sugo e il contorno preferito ancora caldo.






Bruno Lauzi: Ritornerai

Testo Ritornerai

Ritornerai
lo so ritornerai
e quando tu
sarai con me
ritroverai
tutte le cose che
tu non volevi
vedere intorno a te
e scoprirai
che nulla e' cambiato
l'illuso di sempre
E riderai
quel giorno riderai
ma non potrai
lasciarmi piu'
ti senti sola
con la tua liberta'
ed e' per questo che tu
ritornerai, ritornerai...
ti senti sola
con la tua liberta'
ed e' per questo che tu
ritornerai, ritornerai
ritornerai, ritornerai...

Film: Io c'è

Io c'è è un film commedia tratto da una storia vera, diretto da Alessandro Aronadio, con protagonisti Edoardo LeoMargherita Buy e Giuseppe Battiston.


    Trama

    Massimo Alberti è il titolare di un bed & breakfast con il quale non riesce a sopravvivere a causa delle numerose tasse. Scopre che gli edifici classificati come luoghi di culto sono esentasse, così decide di fondare un nuovo culto: lo ionismo. Con l'aiuto della sorella Adriana e dello scrittore Marco, stila lo statuto dello ionismo e istituisce le regole, i simboli sacri, i riti. Questa religione suggerisce l'indipendenza, il viver per sé stessi, seguire la spinta personale: il simbolo sacro è uno specchio, verso cui i fedeli guardano per osservare loro stessi.
    Dovendo avere dei proseliti, attira a sé un primo gruppo di senzatetto della vicina comunità ecclesiastica di suore, indispettite dal gesto. Incredibilmente costoro seguono anche i suoi precetti e uno di loro smette di assumere alcool. Rimangono affascinati dallo ionismo anche l'incaricato a vigilare che non si tratti di una truffa; un paralitico che chiede il miracolo di tornare a camminare; una donna avanti con l'età che prova ancora pulsioni sessuali (ma le suore l'avevano accusata di peccato mortale). A costoro Massimo spiega di dover seguire la voce del proprio essere. Anche Adriana segue lo ionismo, lasciando l'altezzoso marito e mettendosi ufficialmente con l'amante che frequenta da anni, un suonatore di reggae.
    Lo ionismo si ritrova ad affrontare il suo primo funerale, ma Massimo non racconta alcuna storia in merito ad un aldilà, esponendo ai fedeli una visione materialistica della morte: la defunta è semplicemente lì, nell'urna. Non ci si dovrebbe interrogare sull'aldilà, perché non avremo mai una risposta: bisogna godersi il viaggio della vita.
    Nel B&B alloggia anche Teresa, giovane ragazza che irretisce il cuore di Massimo. La ragazza ha subito un'operazione e avrebbe dovuto subirne una seconda, molto rischiosa, ma ha deciso di non intraprendere quella via, per godersi il viaggio della vita, come suggerito da Massimo al funerale ionista.
    Nel frattempo lo ionismo viene accettato come religione dallo Stato e il B&B è classificato come luogo di culto. Marco ha stilato il Vangelo ionista ed è pronto a lanciarlo sul mercato. Massimo non ne vuole più sapere nulla, e Marco lo minaccia di uno scisma (come fece Martin Lutero).
    L'uomo capisce di essere andato troppo oltre: da un semplice trucco per non pagare le tasse è arrivato ad ingannare decine di persone, e Teresa rischia la vita credendo in una bugia. Dopo una funzione, sfoga la sua ira rompendo lo specchio, cacciando tutti e facendo a pezzi gli oggetti del B&B.
    Qualche tempo dopo si vede Massimo in un'aula di tribunale: essendo lo ionismo riconosciuto dallo Stato, il giudice lo condanna per offesa e vilipendio a persone, oggetti sacri e luogo di culto consacrato e terrorismo religioso. L'auto che sta per portarlo in carcere viene fermata da un gruppo di fedeli ionisti, tra cui Teresa: la donna dice a Massimo di essere guarita e di non necessitare più della seconda operazione, santificando Massimo.
    Mentre Massimo è in carcere, Marco continua le funzioni ioniste, leggendo il Vangelo e ispirandosi a un affresco raffigurante Massimo.


    mercoledì 24 ottobre 2018

    Film: Sette anni in Tibet

    Sette anni in Tibet (Seven Years in Tibet) è un film del 1997 diretto da Jean-Jacques Annaud, ispirato ad un libro autobiografico scritto da Heinrich Harrer e pubblicato nel 1953.

    Trama


    La maggior parte del film è stata girata sulle Ande in Argentina.
    Austria, 1939Heinrich Harrer è un giovane e arrogante scalatore di monti, membro del Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori, scelto dal governo tedesco per scalare le montagne dell'Himalaya, raggiungendo il misterioso Nanga Parbat, la nona vetta più alta del mondo, dove altre quattro spedizioni tedesche hanno fallito dopo la perdita di undici membri. Il giorno della partenza da Graz l'alpinista ha un litigio con la moglie Ingrid, incinta e prossima al parto, la quale preferirebbe che lui non partisse. Heinrich parte ugualmente, lasciando Ingrid alle cure di Horst Immendorf, un amico di famiglia, e si unisce al gruppo di Peter Aufschnaiter.
    Durante la scalata, un'ascesa di ben ottomila metri, non ha la solita disinvoltura che lo contraddistingue, tanto che cade inavvertitamente, perdendo un rampone e ferendosi a un piede. Dopo che gli scalatori sono stati costretti a ritirarsi a causa delle valanghe di neve, Heinrich, Peter e il resto del gruppo vengono arrestati dal presidio dell'Impero britannico in India in quanto cittadini del Terzo Reich: in Europa è iniziata la guerra e tra il governo di Londra e quello di Berlino si sono accese le ostilità. Gli scalatori vengono imprigionati in un campo di detenzione britannico, il Dehra Dun P.O.W. Camp, dove Heinrich riceve per corrispondenza la richiesta di divorzio dalla moglie, che vorrebbe sposare Horst, e la conferma che suo figlio, Rolf, è nato.
    Durante i tre anni che seguono, Heinrich tenta ripetutamente la fuga da Dehradun, ma i britannici lo arrestano sempre in anticipo, raddoppiando la guardia e lo stato di allerta. Nel settembre 1942, però, si unisce a Peter e ai compagni, che hanno pianificato l'evasione travestendosi da soldati, e finalmente riesce a scappare. Dopo l'evasione, però, si separa dal resto del gruppo, volendo raggiungere il Tibet. Dopo essersi riunito a Peter, che disapprova i suoi metodi sprezzanti e la sua dichiarata mancanza di principi, Heinrich raggiunge il confine con il Tibet, il più alto e isolato Paese del mondo, nonostante l'ostinata diffidenza del popolo tibetano. I monaci del villaggio di frontiera che raggiungono spiegano loro i motivi di una così elevata diffidenza: Sua Santità il Grande Tredicesimo Dalai Lama, prima di morire, aveva previsto che un giorno gli stranieri avrebbero invaso il Paese e dato inizio a un'era di morte e distruzione, bandendo i monaci e proibendo l'antica e radicata tradizione buddhista.
    Sfuggiti nuovamente alle autorità, che vorrebbero rimandarli in India, Heinrich e Peter raggiungono di nascosto la Città Santa e Proibita di Lhasa, casa dei Dalai Lama, vietata da sempre agli stranieri, dove vengono ospitati da Tsarong, un tempo ministro della difesa del governo del Thubten Gyatso, e aiutati da Ngawang Jigme, un giovane segretario ambizioso al servizio del Reggente e del governo del giovane Quattordicesimo Dalai Lama, il bambino Tenzin Gyatso.
    Heinrich trova un lavoro come geometra, mentre il suo amico sposa una tibetana, Pema Lhaki. Un giorno del maggio 1945, però, riceve una lettera del figlio Rolf, che lo invita a non scrivere più, sostenendo di non essere suo figlio, ma figlio di Horst. Subito dopo viene convocato dalla madre del Dalai Lama, molto riverita dai tibetani, la quale lo conduce al palazzo del Potala, residenza del giovane figlio, che gli richiede la costruzione di un cinema. Tra i due inizia così un rapporto molto profondo e di affetto reciproco. Heinrich gli insegna l'inglese e lo affaccia alla conoscenza dell'Occidente, mentre il giovane Tenzin Gyatso gli svela i più remoti segreti della civiltà del Tibet, a lungo rimasta ignota al mondo intero.
    Un giorno i cinesi, da poco unitisi nella Repubblica Popolare Cinese del presidente Mao Zedong, dichiarano l'intenzione di annettere il Tibet al loro Stato, ma il Reggente non riconosce la sovranità dei cinesi sul Tibet, e pertanto incarica Tsarong di riorganizzare l'esercito. Heinrich e Peter sono coinvolti, su richiesta del Reggente, in aiuto di Tsarong, ma le possibilità di respingere l'invasione sono scarsissime. Il governo di Lhasa tenta quindi di negoziare, ma i generali cinesi, giunti a Lhasa con disprezzo e arroganza, guidati da Chang Jing Wu, rimangono delusi dall'incontro con il giovane Dalai Lama, e lasciano il Tibet sostenendo che la religione sia veleno.
    Ngawang Jigme, divenuto ministro e governatore di Chamdo, ha il compito di respingere i cinesi, ma al termine della battaglia, un trionfo entusiasmante per i cinesi, fa esplodere il deposito di munizioni e dichiara la resa, giungendo a un accordo con i cinesi. I tibetani sono disperati, perché se a Chamdo non si fosse giunti alla resa per ordine di Ngawang, con le munizioni si sarebbe potuto fare molto per frenare l'invasione cinese. Heinrich si riunisce al Dalai Lama per l'ultima volta. Il giovane respinge l'ipotesi di partire per l'India, come precauzione, e lo invita a rimanere fino al giorno della sua incoronazione, convincendolo poi a tornare in Austria dal figlio Rolf. Anni dopo l'uomo si ricongiunge col figlio.










    giovedì 18 ottobre 2018

    Film: Full Metal Jacket

    Full Metal Jacket è un film di guerra statunitense del 1987 diretto da Stanley Kubrick ed interpretato da Matthew Modine.
    Il film, il cui titolo originale si riferisce alla guaina in rame dei proiettili incamiciati, citati da uno dei protagonisti a metà della storia, è ispirato al romanzo Nato per uccidere (The Short-Timers) di Gustav Hasford, un ex Marine e corrispondente di guerra che ha collaborato alla sceneggiatura. L'AFI lo ha inserito al novantacinquesimo posto nella classifica AFI's 100 Years... 100 Thrills.
    Trama
    1967. Nel campo di addestramento dei Marines di Parris Island, nella Carolina del Sud, diciassette giovani coscritti per la guerra del Vietnam subiscono un duro addestramento. Il severissimo sergente istruttore Hartman tratta le reclute come animali allo scopo di trasformarli in perfetti strumenti di morte, obbligandoli ad amare visceralmente il proprio fucile secondo i dettami del credo del fuciliere e rivolgendosi a loro con insulti mortificanti e soprannomi ignobili. Tra le reclute spiccano il brillante Joker, aspirante giornalista di guerra, che sembra ricevere minori manifestazioni di disprezzo da parte del sergente, l'intelligente Cowboy, che diventa ben presto amico di Joker, e il goffo ed obeso Palla di Lardo, il cui vero nome è Leonard Lawrence. Quest'ultimo diventa fin da subito il bersaglio preferito di Hartman, il quale, irritato per la scarsa atleticità e per l'atteggiamento puerile ed inadatto alla vita militare del soldato, gli elargisce umiliazioni ed insulti di fronte ai compagni in modo maggiore di quanto non faccia con gli altri soldati.
    A un certo punto Joker ha un dissidio su questioni religiose con Hartman, che, disgustato dalle idee dell'allievo ma colpito positivamente dal suo coraggio, gli assegna il compito di seguire personalmente Palla di Lardo, con la speranza di migliorarne il rendimento. Dopo alcuni giorni il sergente, esasperato per l'ennesima indisciplina di Palla di Lardo (il quale, affamato, ha nascosto nella sua cassetta una ciambella dalla mensa nonostante non sia permesso portare viveri in camerata), decide che per ogni errore di Palla di Lardo non punirà più solo lui ma l'intera compagnia, ritenendola responsabile di non aver motivato il proprio compagno. Una notte, stanchi di scontare per lui le punizioni, i soldati percuotono duramente Palla di Lardo.
    La recluta da quel momento sembra migliorare notevolmente, iniziando a mostrare grandi capacità di tiro, evento che sorprende e compiace il superiore, ma a costo della propria sanità mentale. Del suo squilibrio, Leonard dà segni evidenti: mentre lubrifica e rimonta il suo fucile, dialoga con lui come se fosse la sua ragazza; tutte le reclute, per ordine del sergente Hartman, avevano dovuto dare al loro fucile un nome femminile e trattare l'arma come il loro migliore amico, ma è evidente che Palla di Lardo è in preda al delirio. Joker se ne accorge e, mentre è intento a pulire i bagni in compagnia dell'amico Cowboy, gli rivela il fatto mostrando una certa preoccupazione; anche Cowboy ha notato l'evidente delirio del loro compagno, e probabilmente anche tutte le altre reclute se ne sono accorte, avvertendo un pericolo. Solo il sergente Hartman non sembra accorgersi di nulla, lasciando che Palla di Lardo continui l'addestramento insieme agli altri.
    La notte prima della partenza per il Vietnam, Joker è di turno come piantone; trova Palla di Lardo nei bagni della compagnia, in stato di delirio, che sorride con sguardo demoniaco imbracciando il suo M14 caricato con pallottole "Full Metal Jacket" ed urlando a squarciagola il credo del fuciliere. Il sergente Hartman, svegliatosi, accorre ed intima a Leonard di disarmarsi, insultandolo per l'ennesima volta, ma Leonard gli spara al petto uccidendolo. Dopodiché, si suicida sparandosi in testa col medesimo fucile.
    Qualche mese dopo Joker è in Vietnam, impiegato come giornalista per la rivista militare Stars and Stripes. Stanco della monotonia delle retrovie e frustrato dalla censura militare, si fa spedire al fronte di Huế. Assieme al fotografo Rafterman, bramoso di emozioni belliche, si unisce ad una squadra, dove ritrova Cowboy e fa la conoscenza di altri giovani Marines, tutti condizionati e trasformati dagli orrori della guerra.
    Durante un pattugliamento, Cowboy e altri due compagni di plotone, Doc e Eightball, vengono uccisi dai colpi di un cecchino viet cong, il quale si rivela essere una giovanissima ragazza vietnamita, che viene ferita a morte. Svanito ogni sentimento di vendetta per i compagni uccisi, con il solo desiderio di non farla soffrire, Joker le dà il colpo di grazia, facendo di lei la sua prima vittima e guadagnandosi il rispetto dagli altri Marines.
    Quanto resta della pattuglia rientra alla base, avanzando tra le rovine in fiamme, cantando la Marcia di Topolino, in un surreale e lugubre finale.









    mercoledì 10 ottobre 2018

    Film: Dead man walking

    Dead Man Walking - Condannato a morte
    Dead Man Walking.png
    Susan Sarandon e Sean Penn in una scena del film
    Titolo originaleDead Man Walking
    Paese di produzioneStati Uniti d'AmericaRegno Unito
    Anno1995
    Durata122 min
    Generedrammatico
    RegiaTim Robbins
    Soggettodall'omonimo romanzo autobiografico di Helen Prejean
    SceneggiaturaTim Robbins
    FotografiaRoger Deakins
    MontaggioLisa Zeno ChurginRay Hubley
    Effetti specialiMaurizio Trani
    MusicheDavid Robbins
    ScenografiaTom Warren
    CostumiRenee Ehrlich Kalfus
    Interpreti e personaggi


    Dead Man Walking - Condannato a morte (Dead Man Walking) è un film del 1995 diretto da Tim Robbins, basato sull'omonimo romanzo autobiografico di suor Helen Prejean. In Italia il film non è mai stato distribuito in DVD, mentre nel giugno 2011 è stato pubblicato in Blu-ray. Il titolo, Dead man walking è preso dall'espressione che comunemente usano i carcerieri americani per annunciare il tragitto che il condannato a morte compie fra la sua cella e la sala dell'esecuzione.



    Trama

    Un condannato a morte riceve la visita di una suora; il suo caso è disperato, manca poco al giorno dell'esecuzione. Matthew Poncelet, un bulletto di periferia, razzista e strafottente, insieme ad un suo complice, avrebbe ucciso una coppia di fidanzatini sorpresi in un boschetto e lo avrebbe fatto con una ferocia inaudita, dopo aver violentato la ragazza. Continua a professarsi innocente e scarica tutta la responsabilità sul presunto complice, che "se l'è cavata" con l'ergastolo perché ha avuto un difensore migliore. La suora, pur nutrendo fin dall'inizio sospetti sulla dichiarazione di innocenza del giovane condannato, fa di tutto per rinviare il giorno dell'esecuzione, in attesa di un riesame del caso. Tutti i tentativi sono vani. La famiglia di Poncelet accoglie la suora con diffidenza, lamentandosi che per colpa di Matthew adesso tutti i vicini li odiano ed i fratelli minori del condannato sono vittime di ingiurie e bullismo a scuola.
    Non bastasse questo, Suor Helen, per nulla aiutata da Poncelet stesso, che in una intervista televisiva si dichiara razzista e terrorista, deve anche subire l'ira dei genitori dei ragazzi trucidati che si sentono beffati dal tanto interesse che lei riserva ad un assassino piuttosto che alle vittime dei suoi crimini. Si aggiunga poi a tutto questo il poco apprezzamento della famiglia di Helen per tutta la vicenda, e il fatto che le povere bambine nere, delle quali normalmente si occupava a tempo pieno, ora la scansano in quanto amica di un loro nemico.
    Nel buio pesto di questa situazione Suor Helen scorge una piccola luce: Matt l'ha scelta come suo "consigliere spirituale", vale a dire l'unica persona che può assistere un condannato a morte nei suoi ultimi sei giorni e che può farlo fino all'ultimo istante.
    Tra momenti di disperazione e di paura, Helen riesce a far breccia nel cuore di Matt che, salutati affettuosamente la madre ed i fratelli, mostrate a suor Helen le foto della propria figlia, da lui mai conosciuta, le confessa in lacrime, ad appena un quarto d'ora dalla sua fine, di essere stato lui ad uccidere il ragazzo ed averne violentato la fidanzata, ottenendo così quella libertà evangelica che appartiene solo alla Verità. Matt ha ora la forza, nella camera della morte, di chiedere perdono al padre del ragazzo da lui ucciso ed augurare ai genitori della ragazza di poter trovare sollievo dalla sua esecuzione. Helen, che più volte si era chiesta perché stesse facendo tutto questo, ora trova una risposta più che esauriente.
    Il film si conclude con il funerale di Matt, cui partecipa anche il padre del ragazzo da lui ucciso.

    Ricetta: Piselli stufati con prosciutto

    Ingredienti

    • 400 g Piselli Freschi (o surgelati) o piselli in scatola
    • 1/2 Cipolla gialla tagliata a tocchetti 
    • 100 g Prosciutto Cotto Rovagnati tagliato a dadini
    • 1 cucchiaio Concentrato Di Pomodoro
    • q.b. Brodo Vegetale (1/2 litro, 1 dado vegetale)
    • 2 cucchiai Olio Extravergine D’oliva
    • q.b. Sale (è già salato il brodo)
    • q.b. pepe
    • 1 costa Sedano

    Preparazione

    1. Preparare i piselli stufati è davvero facile e veloce, lavate e sbucciate la cipolla,     tritatela non molto finemente.
      Lavate e tritate il sedano. Aprite una confezione di prosciutto cotto a cubetti.
    2. In una padella ampia scaldate l’olio extra vergine e rosolate scalogno e sedano per qualche minuto senza farlo imbiondire, aggiungete il prosciutto cotto e mescolate per insaporire.
    3. Versare i piselli in scatola in uno scolapasta e sciacquarli. Versare i piselli nel soffritto di cipolla, sedano e prosciutto cotto. Aggiungere un cucchiaio di concentrato di pomodoro.
    4. Coprire i piselli con il brodo vegetale. Mescolare frequentemente con un mestolo di legno. Far asciugare il brodo, aggiungerne altro, farlo evaporare. Quando i piselli sono asciutti, sono pronti.

    domenica 7 ottobre 2018

    Musica: Goran Kuzminac Concerto live: Solo ma non solo

    Goran Kuzminac (Zemun16 giugno 1953 – Trento18 settembre 2018[1]) è stato un cantautorechitarrista e medicoitaliano di origine serba.



    Nativo di Zemun, municipalità autonoma di Belgrado nell'allora federazione jugoslava, la sua famiglia si trasferì in Italia, nel Trentino, quando questi aveva 6 anni. In Austria, dove frequentò le scuole medie e il primo anno di liceo, Kuzminac iniziò a suonare la batteria nel gruppo musicale scolastico, per poi passare alla chitarra. Con quest'ultimo strumento sviluppò una raffinata tecnica di finger-picking (vale a dire, pizzicando la corda con la punta delle dita o usando le unghie al posto del plettro), appresa per la prima volta durante un viaggio in treno grazie a un militare statunitense che gli aveva chiesto di poter suonare la chitarra che portava con sé.
    Allo studio (si iscrisse all'università di Padova, dove si laureò in Medicina) iniziò ad affiancare l'attività strumentistica in sala di incisione a Milano e a Roma a supporto di vari artisti. Notato da Francesco De Gregori, che intravide in lui anche qualità compositive oltre che tecniche, fu da questi segnalato a Vincenzo Micocci, già direttore artistico della RCA Italiana e fondatore delle case discografiche ParadeIT e Una sors coniunxit. Micocci mise Kuzminac sotto contratto nel 1976 e lo affidò al direttore artistico Gaio Chiocchio. L'esordio discografico del cantautore avvenne in quello stesso anno con un 45 giri triplo, opera collettiva prodotta dallo stesso Chiocchio per lanciare i giovani artisti a contratto presso la Una sors coniunxit: il brano di Kuzminac si chiamava Io, e la particolarità fu che anche i disegni delle tre copertine furono opera degli artisti presenti nel disco. Di tutti gli artisti coinvolti in quell'esperienza, fu proprio Kuzminac l'unico artista ad assurgere a un certo grado di notorietà, e nei tre anni successivi lavorò al seguito delle tournée di Angelo BranduardiLucio Dalla e Antonello Venditti, aprendone i rispettivi concerti.
    Il successo arrivò nel 1978, con il singolo Stasera l'aria è fresca, motivo nel quale Kuzminac ebbe modo di mostrare la sua tecnica musicale oltre alle sue doti artistiche: il brano vinse il Festival di Castrocaro e ottenne il secondo posto (Gondola d'Argento) alla Mostra Internazionale di Musica Leggera di Venezia.
    Sulla scia di quel successo, nel 1980 Kuzminac pubblicò il suo primo albumEhi ci stai, da cui fu tratto il singolo (con testo di Gianfranco Baldazzi) con lo stesso nome, che si classificò secondo al Festivalbar di quell'anno; nel disco reincise anche Stasera l'aria è fresca con un nuovo arrangiamento. Il brano che dà il nome all'album, come raccontato più volte dallo stesso Kuzminac, era dedicato alla cantautrice Grazia Di Michele, amica di cui era innamorato (senza essere corrisposto). 
    Nel frattempo la RCA Italiana, distributrice dei dischi con etichetta Una sors coniunxit, iniziò la produzione di Q Disc, 33 giri economici con quattro canzoni, di uno o più artisti. Kuzminac fu tra i primi ad apparire in tali produzioni, nel Q concert, realizzato con Ron e Ivan Graziani, contenente tre loro canzoni e l'inedito scritto insieme Canzone senza inganni; al disco fece seguito una tournée dei tre artisti.
    Il secondo album di Kuzminac, Prove di volo, venne pubblicato nel 1981, e contiene la canzone Stella del nord, pubblicata anche su 45 giri e partecipante a Un disco per l'estate di Saint Vincent e ad Azzurro; nella ristampa su CD del 1998 di questo LP verrà inserita come bonus track la canzone Io che egli aveva già inciso su 45 giri nel 1976[4]. Nell'album figura come corista anche l'amica Grazia Di Michele.
    Nel 1982, ripeté l'esperienza del Q disc, con Q concert, realizzato insieme a Mario Castelnuovo e Marco Ferradini, con un brano inciso insieme, Oltre il giardino, e tre inediti; il brano di Kuzminac è Bugiarda, che non fu poi inserito in alcun album in studio successivo.
    Il seguito della sua carriera artistica, sebbene non sempre sotto i riflettori, avvenne fuori dall'orbita della Una sors coniunxit: quando infatti la dirigenza della RCA cambiò, Goran Kuzminac decise di rescindere il contratto che legava la distribuzione dei suoi dischi alla casa discografica. Dopo aver partecipato alla produzione del brano Per una bambola, che Patty Pravo presentò al Festival di Sanremo 1984, nel 1987 uscì quindi per la Top Records l'album Contrabbandieri di musica.
    Ha poi collaborato a diversi album di altri artisti: nel 1988 ha suonato la chitarra nell'album del cantautore Rodolfo Santandrea Aiutatemi, amo i delfini, nel 1996 ha scritto con Carlo Alberto Contini la canzone La coerenza, incisa dai Nomadi nell'album Quando ci sarai, e nel 2009 ha cantato il brano Un'altra dimensione nell'album JL degli Algebra. Dallo stesso anno ha svolto anche attività di musicoterapia presso l'ospedale psichiatrico romano "Villa dei Fiori".
    Diversificando le proprie attività, iniziò a occuparsi anche di ricerca musicale, grafica professionale 3D, post produzione video e finanche produzione di videoclip: attivo anche nella produzione di colonne sonore per produzioni fuori dall'Italia e nella tecnica di sonorizzazione di vasti ambienti, non ha mai abbandonato la produzione discografica regolare.
    Nel suo ultimo decennio di vita sono così usciti gli album di inediti Dio suona la chitarra (2008), basato sulla chitarra e con la collaborazione di Alex Britti, Antonio Onorato, Charley De Anesi, Lincoln Veronese, Mauro De Federicis e Andrea Valeri, e Fiato (2012), distribuito dalle Egea Music, oltre al suo primo live Solo ma non solo(2011), registrato in teatro ad Andria con sole chitarra e voce, e a Goran Kuzminac & Stefano Raffaelli Jazz Quartet (2014), contenente dieci brani arrangiati da Stefano Raffaelli (Pianoforte) con Walter Civettini (Trumpet / Fluegelhorn), Flavio Zanon (Doublebass) e Carlo A. Canevali (Drums): il primo lavoro dove Goran si avvale della sola voce, senza la chitarra.
    Si è spento il 18 Settembre 2018 dopo una lunga malattia.