Il
saggio di Marc Sautet, Socrate al caffè, si colloca nella pratica
filosofica che si chiama Cafè philo, in cui un filosofo dialoga in
un caffe' con differenti persone su questioni che interessano a
questi.
Marc
Sautet si accorse che la filosofia doveva tornare alle proprie
origini, quelle dell'agorà, nel senso di un ritorno al pensiero
antico, che aveva nella figura del filosofo greco Socrate il suo
maestro elettivo.
L'autore
inizia, nella prima parte del libro, descrivendo gli originali
incontri al caffè, organizzati per discutere liberamente di
filosofia con partecipanti di ogni inclinazione. Poi, come d'incanto,
misteriosamente si dimentica di queste discussioni di filosofia al caffè, e,
nella seconda e terza parte del libro, ci si trova a leggere un vero e proprio monologo, nel quale Sautet stesso si pone le domande per fornire le proprie risposte
dal suo stretto punto di vista particolare.
Il monologo dell'autore
si trasforma in un encomio del vecchio e superato ideale socialista.
Sautet non dissimula nemmeno la sua solida fede nello storicismo:
infatti, pretende di fare una lettura del passato e del presente,
analizzando gli eventi e le conseguenze sempre sulla falsariga
dell'esperienza maturata dalla democrazia ateniese. Non perde
l'ottima opportunità per esaltare Platone ed ogni tanto anche
l'oscuro Hegel.
Poi
procede, riassumendo l'evoluzione del pensiero liberale: allude agli
“apparenti successi dell'economia di mercato ed analizza gli
equivoci di Adam Smith, per subito passare a generose lodi a Marx,
pur condannando Stalin.
Certo,
non può indicare alcun successo di altri modelli socialisti, così,
dal conto delle sirene sembra scivolare verso una sorta di canto del
cigno del socialismo. Da buon nostalgico si ostina sugli “equivoci”
di Smith, mettendo in evidenza le profezie di Marx. Non un solo
commento sulle note confutazioni di L. von Mises, di A.F. von Hayek e
senza un’unica allusione a Popper che ha ridotto male le figure di
Platone, Hegel e Marx.
Poi presenta David Ricardo come un liberale
pentito, mentre era un noto ed acerrimo laburista le cui teorie e
rispettivi disastri saranno riparati dalla ignorata dama di ferro
Thatcher. Doppia delusione, all’epilogo, nell’augurio di trovarci
almeno un modesto spiraglio di speranza; concludo quindi che si
tratta del solito elogio all’equivoca dottrina egualitaria, tutta
condizionata da un pessimismo congenito.