TRAMA TULLY:
Tutte le notti Marlo (Charlize Theron) infila le ciabatte, mette il pentolino sul fuoco e scalda il biberon; allatta il suo bambino, lo culla per farlo addormentare. Quando può finalmente tornarsene a letto, è già mattina: c'è da preparare il pranzo per i figli maggiori, da augurare buona giornata al marito che imbocca il vialetto verso la liber...il lavoro.
La faticosa vita di una madre di tre bambini viene immortalata in Tully, divertente commedia diretta da Jason Reitman, sulle gioie e gli ostacoli della maternità. Proprio quando Marlo è al limite delle forze, incapace di donare a ciascun componente della famiglia le attenzioni di cui ha bisogno, una giovane Mary Poppins in skinny jeans suona alla porta. La neoassunta tata notturna Tully (Mackenzie Davis) arriva per prendersi cura dei bambini e soprattutto della loro stanchissima madre. Anche se all'inizio Marlo fatica ad abituarsi ai modi inconsueti e stravaganti della baby sitter, e ai numerosi cambiamenti apportati alla sua sfibrante routine serale, col tempo le due donne stringeranno una proficua alleanza che si trasformerà in un sincero legame d'amicizia.
Kate Spade, la celebre stilista americana che si è tolta la vita all'inizio del mese di giugno 2018, una volta ha detto: "Nessuno si rende conto di quanto sia difficile essere genitori. Non dico che andare in ufficio sia facile, non lo è. Ma l'essere genitori, per quanto divertente possa essere, non è una cosa per i deboli di cuore."
All'inizio di Tully, prima dell'entrata in scena dell'omonima, miracolosa Mary Poppins in versione millennial che svolta la vita alla protagonista del film (omonimo anche lui), mi è tornata subito in mente. Perché il ritratto di madre affidato da Diablo Cody e Jason Reitman ad una Charlize Theron decisamente brava, è di quelli che rischiano di far passare la voglia di far figli.
Quarantenne, due bambini (di cui uno particolarmente impegnativo per via del suo essere "corky", particolare, come gli ripetono di continuo), incinta di un terzo non esattamente cercato e alle prese con tutte quelle difficoltà che affliggono la vita delle madri (e di padri, almeno di certi) dei giorni nostri, tra ristrettezze economiche, fatiche su più fronti e stress continui, mentre gli anni passano e gli entusiasmi - anche quelli di coppia - si spengono, la Marlo di questo film è davvero una donna sull'orlo di una crisi di nervi.
Ma poi arriva Tully, appunto, che sembra un miracolo, giovane, simpatica, sulla stessa lunghezza d'onda di Marlo com'è, e che le restituisce parte della sua vita, e una serie di entusiasmi, e se non altro il sonno, e il sorriso. Una vita.
E però mica è tutto qui, in questo film che se è il terzo girato assieme da Reitman e Cody, e il secondo dei due con la Theron, ci sarà pure un motivo.
E però se nel rapporto tra Marlo e Tully, così sereno e amichevole e idilliaco, ci sono delle cose piccole e meno piccole, ogni tanto, che fanno alzare un sopracciglio allo spettatore perché insolite, vagamente dissonanti e sottilmente perturbanti, un motivo c'è. E non verrò certo io a raccontarvelo.
Basti dire che Tully non è, o non è solo, un film che racconta la fatica dell'essere mamma. O genitori.
Tully è qualcosa di più ampio e complesso, e di perfettamente coerente con Juno e con Young Adult, terzo tassello di una ideale trilogia sulla femminilità e sul tempo che passa, e sulle mutazioni volontarie e involontarie, consce e inconsce che una donna si trova a dover affrontare, nel corpo e nella psiche, anno dopo anno.
La faticosa vita di una madre di tre bambini viene immortalata in Tully, divertente commedia diretta da Jason Reitman, sulle gioie e gli ostacoli della maternità. Proprio quando Marlo è al limite delle forze, incapace di donare a ciascun componente della famiglia le attenzioni di cui ha bisogno, una giovane Mary Poppins in skinny jeans suona alla porta. La neoassunta tata notturna Tully (Mackenzie Davis) arriva per prendersi cura dei bambini e soprattutto della loro stanchissima madre. Anche se all'inizio Marlo fatica ad abituarsi ai modi inconsueti e stravaganti della baby sitter, e ai numerosi cambiamenti apportati alla sua sfibrante routine serale, col tempo le due donne stringeranno una proficua alleanza che si trasformerà in un sincero legame d'amicizia.
Kate Spade, la celebre stilista americana che si è tolta la vita all'inizio del mese di giugno 2018, una volta ha detto: "Nessuno si rende conto di quanto sia difficile essere genitori. Non dico che andare in ufficio sia facile, non lo è. Ma l'essere genitori, per quanto divertente possa essere, non è una cosa per i deboli di cuore."
All'inizio di Tully, prima dell'entrata in scena dell'omonima, miracolosa Mary Poppins in versione millennial che svolta la vita alla protagonista del film (omonimo anche lui), mi è tornata subito in mente. Perché il ritratto di madre affidato da Diablo Cody e Jason Reitman ad una Charlize Theron decisamente brava, è di quelli che rischiano di far passare la voglia di far figli.
Quarantenne, due bambini (di cui uno particolarmente impegnativo per via del suo essere "corky", particolare, come gli ripetono di continuo), incinta di un terzo non esattamente cercato e alle prese con tutte quelle difficoltà che affliggono la vita delle madri (e di padri, almeno di certi) dei giorni nostri, tra ristrettezze economiche, fatiche su più fronti e stress continui, mentre gli anni passano e gli entusiasmi - anche quelli di coppia - si spengono, la Marlo di questo film è davvero una donna sull'orlo di una crisi di nervi.
Ma poi arriva Tully, appunto, che sembra un miracolo, giovane, simpatica, sulla stessa lunghezza d'onda di Marlo com'è, e che le restituisce parte della sua vita, e una serie di entusiasmi, e se non altro il sonno, e il sorriso. Una vita.
E però mica è tutto qui, in questo film che se è il terzo girato assieme da Reitman e Cody, e il secondo dei due con la Theron, ci sarà pure un motivo.
E però se nel rapporto tra Marlo e Tully, così sereno e amichevole e idilliaco, ci sono delle cose piccole e meno piccole, ogni tanto, che fanno alzare un sopracciglio allo spettatore perché insolite, vagamente dissonanti e sottilmente perturbanti, un motivo c'è. E non verrò certo io a raccontarvelo.
Basti dire che Tully non è, o non è solo, un film che racconta la fatica dell'essere mamma. O genitori.
Tully è qualcosa di più ampio e complesso, e di perfettamente coerente con Juno e con Young Adult, terzo tassello di una ideale trilogia sulla femminilità e sul tempo che passa, e sulle mutazioni volontarie e involontarie, consce e inconsce che una donna si trova a dover affrontare, nel corpo e nella psiche, anno dopo anno.
Perché va bene la stanchezza, lo stress, i figli, gli stessi gesti compiuti giorno dopo giorno, la fatica, quel senso di oppressione cosmica che proprio pensi di non farcela più, ma alla fine in Tully il problema vero è un altro, come spesso è: il problema è accettare che la vita, che la tua vita (per non parlare del tuo corpo), sia diventata quello che è diventata, e che forse non volevi proprio esattamente diventasse così, o forse sì, solo che ne sei scordata, o forse non te ne sei resa conto prima di veder arrivare una stralunata, simpaticissima, vitalissima, comprensivissima e disponibilissima Mary Poppins millennial a fartelo capire.
Perché se da un lato in quella ragazza lì rivedi ciò che hai perduto, dall’altro a lei sei capace di dire quel che non ha ancora capito; e lei è capace di dire a te che bella che è, in fondo, quella vita lì, che è fatta anche di routine, e di giorni tutti uguali, che ti sei convinta ti vada stretta, ma che in realtà ti va bene, perché è quella giusta per te in quel momento, e perché non è detto che debba essere solo e sempre routinaria e ripetitiva. E perché quello che pensi di avere perso per sempre, di te stessa e della tua vita, in realtà è sempre lì al tuo fianco, anzi, dentro di te.
Questo discorso qui, che è figlio prima di tutto della scrittura un po' ruffiana ma intelligente di Diablo Cody, che non è affatto una sopravvalutata, e poi certo, anche dell'impaginazione elegante e precisa di Reitman, e dell'interpretazione della Theron, è un discorso lineare ed enunciato sì ma mai troppo didascalico; un discorso prima di tutto e soprattutto femminile, di una donna per le donne, e a suo modo anche femminista. Ma vale anche per noi maschietti.
Che non è che in Tully facciamo proprio un figurone, e anzi siamo ritratti come dei bamboccioni che non si rendono bene conto di quel che accade intorno a loro: ma forse ce lo meritiamo, anche perché nessuno nel film, da Diablo Codyin giù, ci addita come il nemico o ci toglie mai per un secondo quella tenerezza di cui - diciamocelo tranquillamente - tanto abbiamo bisogno."
Perché se da un lato in quella ragazza lì rivedi ciò che hai perduto, dall’altro a lei sei capace di dire quel che non ha ancora capito; e lei è capace di dire a te che bella che è, in fondo, quella vita lì, che è fatta anche di routine, e di giorni tutti uguali, che ti sei convinta ti vada stretta, ma che in realtà ti va bene, perché è quella giusta per te in quel momento, e perché non è detto che debba essere solo e sempre routinaria e ripetitiva. E perché quello che pensi di avere perso per sempre, di te stessa e della tua vita, in realtà è sempre lì al tuo fianco, anzi, dentro di te.
Questo discorso qui, che è figlio prima di tutto della scrittura un po' ruffiana ma intelligente di Diablo Cody, che non è affatto una sopravvalutata, e poi certo, anche dell'impaginazione elegante e precisa di Reitman, e dell'interpretazione della Theron, è un discorso lineare ed enunciato sì ma mai troppo didascalico; un discorso prima di tutto e soprattutto femminile, di una donna per le donne, e a suo modo anche femminista. Ma vale anche per noi maschietti.
Che non è che in Tully facciamo proprio un figurone, e anzi siamo ritratti come dei bamboccioni che non si rendono bene conto di quel che accade intorno a loro: ma forse ce lo meritiamo, anche perché nessuno nel film, da Diablo Codyin giù, ci addita come il nemico o ci toglie mai per un secondo quella tenerezza di cui - diciamocelo tranquillamente - tanto abbiamo bisogno."
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