sabato 17 marzo 2018

Scheda del libro "Socrate al caffè" di Marc Sautet


Il saggio di Marc Sautet, Socrate al caffè, si colloca nella pratica filosofica che si chiama Cafè philo, in cui un filosofo dialoga in un caffe' con differenti persone su questioni che interessano a questi.
Marc Sautet si accorse che la filosofia doveva tornare alle proprie origini, quelle dell'agorà, nel senso di un ritorno al pensiero antico, che aveva nella figura del filosofo greco Socrate il suo maestro elettivo.
L'autore inizia, nella prima parte del libro, descrivendo gli originali incontri al caffè, organizzati per discutere liberamente di filosofia con partecipanti di ogni inclinazione. Poi, come d'incanto, misteriosamente si dimentica di queste discussioni di filosofia al caffè, e, nella seconda e terza parte del libro, ci si trova a leggere  un vero e proprio monologo, nel quale Sautet  stesso si pone le domande per fornire le proprie risposte dal suo stretto punto di vista particolare. 
Il monologo dell'autore si trasforma in un encomio del vecchio e superato ideale socialista. Sautet non dissimula nemmeno la sua solida fede nello storicismo: infatti, pretende di fare una lettura del passato e del presente, analizzando gli eventi e le conseguenze sempre sulla falsariga dell'esperienza maturata dalla democrazia ateniese. Non perde l'ottima opportunità per esaltare Platone ed ogni tanto anche l'oscuro Hegel.
Poi procede, riassumendo l'evoluzione del pensiero liberale: allude agli “apparenti successi dell'economia di mercato ed analizza gli equivoci di Adam Smith, per subito passare a generose lodi a Marx, pur condannando Stalin. 
Certo, non può indicare alcun successo di altri modelli socialisti, così, dal conto delle sirene sembra scivolare verso una sorta di canto del cigno del socialismo. Da buon nostalgico si ostina sugli “equivoci” di Smith, mettendo in evidenza le profezie di Marx. Non un solo commento sulle note confutazioni di L. von Mises, di A.F. von Hayek e senza un’unica allusione a Popper che ha ridotto male le figure di Platone, Hegel e Marx. 
Poi presenta David Ricardo come un liberale pentito, mentre era un noto ed acerrimo laburista le cui teorie e rispettivi disastri saranno riparati dalla ignorata dama di ferro Thatcher. Doppia delusione, all’epilogo, nell’augurio di trovarci almeno un modesto spiraglio di speranza; concludo quindi che si tratta del solito elogio all’equivoca dottrina egualitaria, tutta condizionata da un pessimismo congenito.

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